martedì 16 dicembre 2014

blogtour sul romanzo "la maledizione degli Enderson" Deborah Fedele

Sembra un’estate come le altre quella che aspetta ad Andrea Blow, una diciassettenne con l’amore per la lettura e il sogno di diventare insegnante; partirà per Moon Coast, una cittadina di mare californiana, dove vivono i suoi zii, e passerà le vacanze tra le feste, i libri e la spiaggia.
Non sa quanto quell’anno le cose saranno diverse.
Due anni prima la quiete della cittadina è stata turbata dal susseguirsi di efferati omicidi, considerati, per le modalità di esecuzione, a sfondo sacrificale. Nonostante l’arresto di un uomo, secondo i più il vero killer vive ancora in città impunito: il suo nome è Jack Enderson.
Turbata dalla scoperta di tali brutali crimini, Andrea decide di tenersi alla larga il più possibile da casa Enderson, una villa nascosta nella foresta, e dai suoi strani abitanti, ma una notte di luna piena, mentre rientra a casa da un party, viene seguita niente di meno che da Jack.
Cosa vuole da lei? Andrea teme che possano ripetersi gli orrori di due anni prima, e che lei possa essere la prossima vittima.
E’ solo l’inizio di una serie di inquietanti e sfortunati eventi che la travolgono, sconvolgendo la sua vita. Non può fare finta di niente, è il momento di indagare: dovrà rimboccarsi le maniche per scoprirne di più sulle morti delle due ragazze, e sullo strano simbolo trovato sui loro corpi, sollevando un velo che per anni ha coperto segreti terribili, che sarebbe meglio tenere nascosti…
Una cascata di eventi la travolgerà in un mondo macabro e oscuro, un mondo popolato da creature della notte, e la costringerà a confrontarsi con gli inquietanti spettri del suo passato, e con le verità che per anni le sono state tenute nascoste.



Ecco il capitolo, in allegato, e le domande.

1)  Vi informano che un ragazzo della vostra città è stato accusato di omicidio, e, anche se è risultato innocente, i sospetti su lui sono molto forti. Una sera vi ritrovate a passeggiare da soli e… lui vi sta seguendo! Cosa fate? Sbizzarritevi con le risposte!

2)  Vi trovate fuori casa Enderson. La casa è (apparentemente vuota) e tra quelle mura potreste trovare le risposte e le prove per inchiodare Jack Enderson. Ma rischiate di essere trovati lì, magari proprio da lui! Cosa fate? Rischiate di entrare per l’amor del vero e per il vostro istinto da detective o ve la date a gambe?

3)  Se vi trovaste nella situazione di Andrea, cosa fareste? Vi terreste alla larga dai guai o alla lunga la vostra curiosità avrebbe la meglio?





CAPITOLO DUE

JACK ENDERSON, LO STRANGOLATORE


L’indomani era come se nulla fosse accaduto; Kate si svegliò di buon’ora, fresca come una rosa, e nulla sul suo viso rilassato lasciava sospettare quanto fosse accaduto quella notte.
Andrea osservò la cugina indossare i panni di deliziosa figlioletta amorevole, per cui non si sorprese che gli zii non sospettassero assolutamente niente della sua abitudine a esagerare con l’alcool. 
Kate aiutò sua madre a preparare il pranzo, giocò ai videogiochi con il padre, e non rivolse ad Andrea neppure uno sguardo complice, né tanto meno pentito. Era come se quello che accadeva di notte fosse solo uno spaccato della sua vita, cancellato puntualmente all’alba.

***

Nel pomeriggio Kate e Andrea andarono in spiaggia insieme al solito gruppetto di amici, tra cui Kavin, Bob, Ashley e una ragazza un po’ anonima,  che nessuno si era preoccupato di presentarle. Andrea sospettava fosse la “portaborse” di Ashley e Kate, e il fatto che le imitasse in tutto e che la facessero correre avanti e indietro dal lido alla spiaggia per portare bibite e spuntini, ne era una triste conferma. 
La spiaggia era assolata e piena di gente, il vociare allegro si miscelava a una musica lontana, proveniente da un lido, e al suono sublime delle onde che s’infrangeva a riva. I ragazzi giocavano con un pallone, le ragazze passeggiavano sulla battigia, e qualche venditore ambulante percorreva chilometri e chilometri per vendere questo o quel gingillo.  C’era odore di sale, di creme solari, e profumo di frutta. 
Andrea si godeva il tepore del sole, ne sentiva il pizzicante formicolio sulla pelle, e osservava distrattamente gli altri. Kate era immobile, impiastricciata di abbronzante: sembrava temesse che un singolo movimento potesse ostacolare l’abbronzamento. Andrea aveva tentato in tutti i modi, durante la giornata, di chiederle “perché ieri eri ubriaca come una spugna e mi hai vomitato sui piedi?”, ma Kate, abile nel tergiversare, aveva deviato l’argomento. Per questo motivo Andrea si sorprese quando la cugina, guardandola da dietro i vetri scuri dei suoi occhiali da sole le disse, con indifferenza: << Non succede sempre… intendo… di vomitare in giro. >> rise divertita, passandosi le dita tra i capelli. 
<< Non devi darmi spiegazioni di quello che fai… ma non credo che la compagnia di Patrick sia adatta a te. >> concluse Andrea, spicciola. 
Kate sospirò, e scosse il capo ridacchiando, come se volesse dire un’infinità di cose, che poi sintetizzò in un: << Oh, Andrea, non sai come ti sbagli. Non lo conosci bene… lui è fantastico, suona da dio e poi… è così carino! >>
Fantastico, carino. Certo. Non che Andrea si aspettasse chissà quali aggettivi, certamente “intelligente” o “sensibile” non erano le caratteristiche che una come Kate cercava in un uomo, ma aveva la netta sensazione che Patrick non fosse per nulla fantastico. Era vero, non lo conosceva bene, ma nelle ultime due estati aveva avuto modo di farsi un’idea chiara anche di lui. L’anno precedente ad esempio aveva sedotto la ragazza del suo migliore amico, l’aveva fotografata quando erano in intimità, poi l’aveva tenuta sotto ricatto per lunghi mesi, minacciando di mostrare a tutti le foto, sinché non era saltato tutto fuori. L’amicizia tra Patrick e lo sfortunato ragazzo era finita, ma in un paesino piccolo come il loro le marachelle di un giovanotto diventavano divertenti, mentre la reputazione di una ragazza era compromessa per sempre. E adesso nell’harem di Patrick era entrata anche Kate.
Andrea si avvicinò a Kate per guardarla negli occhi, seria come poche volte. << Ne sei veramente innamorata? >> le chiese.
Sperava dannatamente che sua cugina dicesse “no, mi ci diverto e basta”. Almeno non ne sarebbe rimasta ferita.
<< E dài, che sono questi sentimentalismi?  >>
Kate si rilassò, si spruzzò sulle cosce l’olio solare e lo spalmò con cura, canticchiando. << Comunque, che ne pensi di Bob? Ha qualche speranza? Mi ha detto che vi siete divertiti molto ieri sera. >>
Kate ammiccò maliziosamente, e Andrea rivolse uno sguardo al ragazzo; stava giocando con gli amici.
<< Diciamo che non è il mio tipo. >> rispose.
<< Non snobbarlo… potresti ricrederti >> la rimproverò con aria saggia Kate.
<< Non lo sto snobbando ma… >>
<< Ok, non ti piace. E… che ne dici di quello lì? Credo si chiami Nicolas. >>
Andrea osservò Nicolas e, quando lo vide imitare una scimmia, scosse il capo con vigore. << Passo >> 
<< Qualcuno dovrà pur piacerti. >>
Kate passò in rassegna, nella mezz’ora successiva, tutti i ragazzi della spiaggia, senza saltarne neppure uno. Andrea non sapeva se sorprendersi di più del fatto che conoscesse tutti o che la considerasse così disperata da doverle trovare per forza un ragazzo. La verità era che Andrea stava bene, anzi benissimo, da sola, e la brutta batosta amorosa subita circa un anno prima avevano rafforzato quella consapevolezza. 
Dopo averla sentita parlare di un qualunque Justin o Alex, alla fine, Andrea notò che tra i numerosi giovani della spiaggia, uno era stato escluso dalla lista. << E quello invece chi è? >> chiese, indicando un ragazzo in piedi sulla riva, che dava loro le spalle. 
Kate la guardò come se avesse bestemmiato. Si tolse gli occhiali per guardarla meglio, contrariata. << Quello? Quello è Jack lo Strangolatore, mia cara, toglitelo dalla testa. Tra tutti i ragazzi carini, vai a notare il serial killer. >>
<< Strangolatore? Serial killer? Che significa? >> 
Andrea non riuscì a contenere lo stupore e piazzò gli occhi addosso allo sconosciuto, scrutandolo come se si aspettasse che da qualche parte gli fuoriuscisse un’etichetta con su scritto “assassino”. Forse era solo una delle sciocchezze di Kate…
<< Non sto scherzando Andrea Blow, non pensare nemmeno di avvicinarti a lui. La distanza di sicurezza non deve mai essere accorciata, con quello. Viene in paese una volta l’anno, in estate. I suoi genitori sono gli Enderson, possiedono una villa in collina, fuori paese, ma neanche loro vivono qui tutto l’anno. Sono strani e… pericolosi. Sono morte due ragazze, qualche anno fa. Le hanno trovate strozzate con una catena d’oro, che il killer non si è preoccupato di far sparire. La lasciava lì, su quei corpi morti. Sotto la luna. >>
<< E cosa c’entra con lui? >> bofonchiò Andrea.
<< Era il principale indiziato, e per molti motivi. E’ saltato fuori che a entrambe capitasse di essere seguite da lui per diverso tempo, prima che… beh, prima che morissero. E non solo. Aveva i loro nomi scritti su un quaderno, in camera sua. Emily Bone e Serena Rossi. Come vedi tutto era riconducibile a lui, ogni sospetto. Lo avevano anche portato in centrale una volta ma… misteriosamente, fu prosciolto da ogni accusa. E qualche giorno dopo, un barbone fu trovato in possesso di oggetti personali delle ragazze, e fu accusato dell’omicidio. Ma io… io e gli altri l’abbiamo visto. Risaliva dal vecchio mulino, andava di fretta e sembrava spaventato. E’ lì che hanno trovato l’ultimo dei corpi. >>
Un brivido gelido fece accapponare ad Andrea la pelle.
Assassinii, morti misteriose. Non ne aveva mai sentito parlare. Forse perché in un paesino come quello le notizie non trapelavano, restavano imprigionate, sospese, in una coltre di misteri e segreti inconfessabili. Andrea continuò a guardare la schiena immobile del giovane, come in trance. Era profondamente turbata dall’idea che qualcuno che aveva ucciso delle ragazze potesse circolare liberamente in mezzo alla gente, pronto a colpire di nuovo. 
All’improvviso il ragazzo si voltò a guardare nella loro direzione.
Andrea sentì un tonfo allo stomaco, e si voltò di scatto, verso Kate, che si fingeva indaffarata con dei giornaletti.
Pochi istanti, poi si voltò di nuovo. Ma la sensazione di paura viva e totalizzante bastò a convincere Andrea che avrebbe dovuto evitare quei suoi occhi a tutti costi.
Sospirò intensamente. Il paese era piccolo, ma non tanto da doverlo rincontrare per forza. Con quell’ultimo pensiero tranquillizzante, Andrea si rilassò, godendosi gli ultimi, soffici, raggi del sole, e osservando il globo infuocato sprofondare lentamente tra le onde.
E’ saltato fuori che a entrambe capitasse di essere seguite da lui per diverso tempo… misteriosamente, fu prosciolto da ogni accusa… Risaliva dal vecchio mulino, andava di fretta e sembrava spaventato.
Le parole di Kate le ronzavano in testa, minacciose, e il sole che affogava le trasmetteva un inconsolabile senso di timore.

***

Dopo il pomeriggio al mare, Andrea avrebbe desiderato passare la serata in casa, fare un lungo bagno rilassante, mangiare qualcosa, e poi regalarsi lunghe ore di puro divertimento leggendo un bel libro, magari in balcone, al fresco. Ma Kate, puntualmente, la trascinò fuori dal suo mondo profumato di magia, annunciandole che quella sera erano state invitate a casa di Patrick per vedere un film.
Andrea avrebbe fatto di tutto per non andarci, per restare aggrappata al suo prototipo di serata perfetta, ma infine, il desiderio di tenere Kate sott’occhio la convinse ad accettare l’invito. 
Alla fine, Andrea si ritrovò a casa di Patrick in compagnia di Bob, e subito fu evidente il patetico intento di combinare un’uscita a quattro. Andrea avrebbe voluto uccidere Kate con le sue mani, e promise che l’avrebbe fatto, a serata conclusa.
Bob si era sforzato di apparire appetibile, si era rasato, aveva tolto il cappellaccio logoro e si era pettinato per bene i capelli. Andrea apprezzava il tentativo ma… avrebbe desiderato ardentemente che le stesse lontano almeno due metri, e grazie.    
Ordinarono pizza e birre, e Patrick noleggiò un film horror; Andrea aveva sempre pensato fosse il genere di film che, negli appuntamenti, forniva la possibilità di coccolare la ragazza spaventata, prenderla per mano, o dichiararle con sentimento che a lei non accadrà mai una cosa del genere. Purtroppo Bob, che evidentemente non era un cuor di leone, chiudeva gli occhi nelle scene più sanguinolente e più volte Andrea lo aveva sentito irrigidirsi, lì al suo fianco; avrebbe scommesso tutti i suoi libri che, in condizione di pericolo, Bob sarebbe fuggito a gambe levate abbandonandola, se non, addirittura, offrirla all’ipotetico killer in cambio della salvezza. Ridacchiò al pensiero. 
A metà film sembrava evidente che l’unica a guardare la televisione fosse lei. Kate e Patrick si stavano baciando appassionatamente sul divano: lo schiocco dei baci era diventato persino più fastidioso delle grida delle povere ragazze terrorizzate del film. In quanto a Bob, tentava da un po’ di accorciare le distanze; con la scusa di stiracchiarsi un po’, alla fine, finì con il metterle un braccio sulle spalle.
Dopo poco, Kate e Patrick, sparirono dal salotto, con la scusa di dover prendere qualcosa da bere in cucina, e Bob e Andrea rimasero soli. Andrea non sapeva se fosse stato peggio essere rinchiusa nella storia del film con un killer spietato alle calcagna, o nel salotto di Patrick, con un Bob appiccicoso. 
<< Ti… ti sta piacendo? >>
Cosa, il braccio sulle spalle o il film?, avrebbe voluto dire Andrea, ma si limitò ad annuire.
<< Molto, sono veramente interessata a seguirlo con attenzione. >> scandì bene l’ultima parola. 
Bob sorrise. << E… non ti fa paura? >>
Andrea sospirò. << No… affatto. >>
<< Dunque ti piacciono i tipi duri? No… perché io… cioè, a me piace molto l’aspetto horror della vita. >>
Andrea sorrise titubante. << Devo andare alla toilette. >> disse, poi si dileguò di lì in un lampo.
Aveva paura di incontrare Kate e Patrick avvinghiati in qualche angolo della casa, ma per fortuna trovò il bagno senza difficoltà. Sedette sul bordo della vasca e iniziò a pensare a mille modi per darsi alla fuga. Uscire dalla finestra non sarebbe stato gentile, forse.
Quando tornò in salotto Bob la stava aspettando sorridente, e aveva messo anche il film in pausa. Significava che non aveva guadagnato neppure tre minuti di tempo… Andrea era snervata. Allora improvvisò un teatrale sbadiglio, e si portò una mano alla fronte.
<< Non mi sento bene. Sono a pezzi… forse sono i postumi del viaggio. Credo che andrò a casa. >>
<< Ti accompagno. >> si offrì subito Bob. In fondo era gentile.
<< No, no. >>
Andrea fu secca, e si pentì subito. Non era colpa di Bob se Kate si sentiva un piccolo Cupido.
<< E’ che vorrei che tu continuassi a vedere il film, così poi me lo racconti. >>
La pillola così fu più dolce, anzi, l’idea di poter rivedere Andrea per raccontarle il film allettò molto Bob, che annuì con entusiasmo. << Certo, a domani allora. >>
<< A domani. >>
I ragazzi si salutarono con due baci sulle guance, e poco dopo Andrea si richiuse alle spalle la porta di casa di Patrick, e si ritrovò immersa nel buio della notte.
Il paesino era piccolo, e le case erano quasi tutte collegate da stradine che attraversavano il bosco, per cui non avrebbe dovuto camminare molto. E poi ad Andrea non dispiaceva stare sola, nel fresco della notte, a sentire i grilli cantare. 
S’incamminò, pensando ancora a Kate; non riusciva a spiegarsi come le fosse saltato in mente di organizzare quel tipo di appuntamento! Andrea aveva la netta sensazione che sua cugina la usasse solo per star fuori fino a tarda notte senza destare sospetti nei suoi genitori. 
Sospirò, e accelerò il passo.
La strada che serpeggiava nella foresta non era illuminata da lampioni, ma quella notte la luna era piena e risplendeva di luce. Da qualche locale del centro cittadino provenivano la musica e il vociare di un dj, ma in quella parte della città in cui si trovava, sprofondata in un quieto silenzio, Andrea riusciva a godersi il canto dei grilli, il leggero frusciare delle foglie, il rumore lontano del motore di qualche automobile… quello di un rametto spezzato, alle sue spalle.
Andrea s’immobilizzò. Silenzio assoluto. Una brezza leggera le fece accapponare la pelle, ma forse era stata solo quell’inspiegabile ed improvvisa paura che l’aveva assalita a provocarla. Si voltò lentamente, muovendo appena il capo. La strada alle sue spalle era buia e vuota. Si era inoltrata parecchio nella foresta, tanto che le abitazioni erano quasi invisibili. Decise di riprendere a camminare, ma adesso il cuore le batteva forte, e aveva un inspiegabile formicolio alla nuca, come se sentisse degli occhi addosso, occhi che la scrutavano attentamente. La foresta di notte poteva essere terrificante, e ogni suono diventare sinistro. Ma ecco che accadde di nuovo: mentre Andrea decelerava, rasserenata dalla convinzione di essersi immaginata quel suono, ecco che, ancora una volta, percepì nitidamente il crepitio delle foglie. Come se qualcuno ci avesse camminato sopra. Qualcuno che aveva imitato i suoi passi per non fare rumore, e che era stato sorpreso dal suo improvviso decelerare.
Andrea realizzò che c’era qualcuno alle sue spalle.
Iniziò a respirare in maniera irregolare.
Calmati Andrea, è solo una strada, è ovvio che altri ci camminino
Aumentò la velocità, e approfittò di una curva per guardarsi indietro, sicura che l’altro non avrebbe potuto vederla. 
Le mancò il fiato quando si accorse che Jack Enderson, lo Strangolatore, era alle sue spalle. In preda al panico, iniziò a tastarsi le tasche in cerca del cellulare.
Lo aveva lasciato a casa.
I passi si avvicinavano. Erano svelti.
Si guardò intorno, terrorizzata, e alla fine si nascose dietro un grosso albero.
Il battito feroce del suo cuore, il respiro irregolare, avrebbero potuto tradirla, così si mise le mani davanti alla bocca, gli occhi spalancati, e attese di vederlo apparire.
Dopo pochi secondi il ragazzo fu lì.
Il cuore di Andrea faceva capitomboli.
Il giovane si fermò.
Andrea si promise che se si fosse avvicinato, avrebbe iniziato a correre e a gridare con tutto il fiato che aveva.
Furono istanti orribili.
Jack Enderson guardava la strada davanti a sé, poi perlustrava lì intorno. Quando guardò verso l’albero dietro cui si nascondeva Andrea, lei sentì il cuore perdere un battito. 
Mi ha visto, pensò, in preda al terrore. Non riusciva a muovere un muscolo, il panico l’aveva assalita, persino respirare era diventato faticoso, e iniziava a non sentirsi più le dita delle mani.
Jack Enderson mosse un passo verso di lei, e Andrea sentì le ginocchia cedere. I suoi occhi scuri sembravano demoniaci, nella notte, sembravano quelli di un corvo, di un predatore notturno pronto a sferrare il suo attacco. Erano attenti, imperscrutabili. Ma, così come era arrivato, il ragazzo se ne andò. Continuò il suo cammino lentamente, guardando dritto davanti a sé. Andrea attese per un tempo infinito, prima di crollare sulle ginocchia e iniziare a respirare profondamente, una mano sul petto, gli occhi spalancati.
Poggiò la fronte contro la corteccia, ansante. Non riusciva a credere a quello che le era accaduto.
E’ saltato fuori che a entrambe capitasse di essere seguite da lui per diverso tempo, prima che… bé, prima che morissero, aveva detto Kate quel pomeriggio. Forse l’aveva puntata. Forse la stava seguendo.
O forse era lì per caso.
Andrea si mise in piedi lentamente, curandosi di non fare il minimo rumore. Probabilmente era stata solo una coincidenza, forse Jack Enderson percorreva la sua stessa strada, e si era fermato a guardare verso di lei, nascosta dietro l’albero, solo perché ne aveva avvertita la presenza. Andrea deglutì. Nel dubbio, avrebbe preso un’altra strada sino a casa. Senza volerlo, si ritrovò a correre a perdifiato, e non si voltò indietro neppure una volta, terrorizzata all’idea di poter incrociare nuovamente quei due impenetrabili occhi neri, occhi che la terrorizzavano. Difficilmente ne avrebbe dimenticato la profondità, il buio. 

Quando finalmente si ritrovò dentro le mura protettive della sua camera, Andrea trasse un profondo sospiro. Poggiò il capo contro il muro, e chiuse gli occhi, contando i respiri nel tentativo di calmarsi. Uno, due, tre, quattro.
Si lasciò scivolare sul pavimento, e si abbracciò le gambe. Che stupida. Si era fatta condizionare talmente tanto dai racconti di sua cugina da pensare che un ragazzo la stesse seguendo. Le sfuggì una risatina nervosa. Probabilmente non era vera una parola di ciò che Kate le aveva raccontato, eppure lei le aveva creduto ciecamente. Non sarebbe stata la prima volta che la cugina le raccontava storie incredibili! Pensarla così era facile, adesso che si trovava a casa, altrettanto non lo era stato nel bosco, con quello strano ragazzo alle calcagna. 
Andrea si fece una doccia e indossò il pigiama, poi si mise a letto.  Passata l’adrenalina, l’aveva assalita un’incredibile stanchezza, per cui si strinse in posizione fetale, e si addormentò quasi subito. Ma prima di sprofondare in un sonno profondo, quando era imprigionata tra il sonno e la veglia, Andrea immaginò quei due occhi, quei passi alle sue spalle, e l’assalì l’orrenda sensazione di essere osservata. 


***

Il buio era palpabile. Andrea avrebbe voluto muoversi, guardarsi intorno, ma era immobilizzata da qualcosa. Una luce tenue pioveva dall’alto, la luce della luna, che penetrava da una finestra aperta.
Persone. Era circondata da persone.  Non riusciva a vederne il volto, ma sapeva che la stavano guardando, con addosso le loro vesti lunghe e scure. E volevano lei… erano lì per lei. 
Una lunga lama affilata era accanto ai suoi piedi. Ed era sporca di sangue. 

Andrea si svegliò di soprassalto, una mano poggiata al petto ansante, la fronte madida di sudore. Aveva avuto un incubo. Sorrise, felice di essere sveglia, e trasse un profondo sospiro di sollievo; era stato un sogno così reale. Lanciò una rapida occhiata al libro sul comodino: forse aveva letto troppi romanzi, e adesso era la sua mente a imprigionarla in scenari di fantasia.
 Si alzò, e si lasciò andare in un lungo sbadiglio. 
Era una mattina particolarmente calda, il sole picchiava dall’alto con i suoi raggi infuocati. Andrea guardò l’orologio: erano le dieci.
Andò in bagno e dopo una lunga doccia rinfrescante raggiunse il piano inferiore per fare colazione, chiedendosi cosa si sarebbe inventata sua cugina quel giorno per metterla nei guai; dopo la festa più noiosa di sempre, lo sgradito appuntamento a quattro e le cattive figure che adorava farle fare, oramai si aspettava di tutto. 
Stranamente Kate non era in cucina a fare colazione, come ogni mattina; nonostante i mille difetti, era mattiniera, aveva troppe cose da fare per perdere tempo a letto, ma forse aveva fatto molto tardi quella notte. 
Andrea si disse che, in fondo, non le importava cosa stesse facendo Kate, dove fosse e quando fosse rientrata, e aprì il frigorifero alla ricerca del bricco del latte. In realtà, una vocina fastidiosa dentro di lei, la voce del buonsenso, la supplicava di correre in camera di Kate e di controllare se fosse rientrata. E se avesse  incontrato anche lei Jack Enderson sulla via del ritorno? E se le avesse fatto del male?
Andrea avvertì un tonfo al petto, e allontanò con forza quei pensieri ridicoli. Fece per avvicinarsi al tavolo, ma nel momento in cui si voltò incrociò lo sguardo dello zio, che rientrava dalla veranda, avvolto in un accappatoio.
Quando lo zio si accorse di lei, strabuzzò gli occhi per la sorpresa. << Andrea! >> esclamò, assicurandosi che fosse “tutto” ben nascosto dall’accappatoio. << Già a casa? >> aggiunse, in un sorriso imbarazzato.
Andrea si accigliò. << Dove… dove dovrei essere? >> 
<< Ha chiamato Kate, diceva che passavate la notte da Ashley… >> disse, improvvisamente serio. << Non è così? >>
Andrea sospirò stancamente. << Oh, sì, certo… solo che… beh, sono venuta a casa a prendere… la mia fotocamera digitale, ecco. Le ragazze… volevano scendere in spiaggia… così ho pensato di…venire >> bofonchiò una scusa, che per fortuna risultò credibile, e lo zio le sorrise fiducioso. Da lontano, la zia, seduta a bordo piscina, sventolava la mano allegramente, ignara del fatto che la sua bambina avesse passato la notte con il suo ragazzo. Kate approfittava troppo della fiducia dei suoi genitori, e soprattutto approfittava troppo della sua bontà. Avrebbero dovuto mettere le cose ben in chiaro.
Senza sapere assolutamente dove andare, Andrea uscì da casa, di pessimo umore. La infastidiva l’idea di aver provato tanta paura, quella notte, quando aveva creduto di essere seguita da Jack, e quel mattino stesso, quando il pensiero che fosse successo qualcosa di male a Kate l’aveva per pochi istanti sfiorata. La storia dello Strangolatore l’aveva turbata più di quanto pensasse. Rabbrividì impercettibilmente, mentre metteva in maniera distratta un passo dopo l’altro. Doveva dimostrare a se stessa che non c’era niente di cui aver paura, voleva assolutamente essere certa che si trattasse di una voce di paese. Poco distante da lì c’era un Internet Point, e poiché lei non aveva un computer, e non c’era Kate a cui chiedere in prestito il suo, si decise a spendere un po’ del suo denaro in quella giusta causa. In fondo, non aveva un’alternativa migliore, nell’attesa che Kate la degnasse di una chiamata e di una giustificazione. 
Entrò nel negozietto angusto, con una sola finestra dalle tapparelle chiuse, e prenotò il computer per un’ora. Il gestore era un ragazzo dai capelli fulvi e il viso coperto di brufoli, l’aria annoiata, e leggeva senza troppo imbarazzo un giornaletto hard. Sembrò persino infastidito che qualcuno lo interrompesse, per questo Andrea non si sorprese molto che il negozio fosse quasi vuoto.
Pagò e scelse il computer più lontano dall’ingresso. 
Dopo lunghissimi minuti persi dietro l’arcaico computer e la connessione a internet lentissima, riuscì finalmente a connettersi.
“Serial Killer di Moon Coast”, digitò.
Poco tempo dopo, la pagina fu piena di collegamenti. Scelse la fonte che le parve più attendibile, un giornale nazionale, e iniziò a leggere.

Sono già due le morti misteriose avvenute a Moon Coast, e i tragici eventi hanno sprofondato l’intera cittadinanza nel panico. Le vittime, due straniere in città in vacanza con la famiglia, erano Emily Bone e Serena Rossi. Non c’è alcuna relazione tra le due ragazze, ma la modalità dell’omicidio fa pensare ad un assassino seriale. Le ragazze sono state prima drogate, poi legate alle caviglie e ai polsi con delle catene d’oro. Dello stesso materiale era la catena utilizzata per soffocarle. Gli inquirenti hanno osservato inoltre che ad entrambe era stato inciso sulla mano destra un simbolo non meglio identificato, il che ha fatto avanzare l’ipotesi di omicidio a scopo sacrificale da parte di una setta. I cadaveri sono stati ritrovati nella proprietà, abbandonata da anni, di una famiglia del luogo, la famiglia S., ma l’alibi di ciascuno dei membri del nucleo familiare esclude l’ipotesi di un loro coinvolgimento nell’accaduto. Nel frattempo, a Moon Coast, si cerca il colpevole…

L’articolo continuava con ulteriori dettagli sull’accaduto, ma era precedente alla cattura del barbone accusato poi di entrambi gli omicidi.
Scelse un altro titolo: “Trovato il killer di Moon Coast”.

E’ stato trovato ieri, nel luogo del delitto, il killer di Moon Coast. Si tratta di uomo di sessant’anni, un senzatetto conosciuto da tutti nella piccola cittadina, che ieri è stato fermato dal corpo di polizia mentre scavava nella terra della tenuta degli S., luogo dove sono stati commessi i reati, per nascondere effetti personali delle vittime. Si tratta di gioielli che le ragazze indossavano il giorno in cui sono state uccise.  Il signor Adam Heron è stato condotto in centrale dove, dopo un interrogatorio durato quattro ore, ha confessato i crimini e per questo subirà un processo per duplice omicidio. E’ stata richiesta la perizia psichiatrica.

Scorse la pagina, e trovò altri titoli:

Condannato a trent’anni nell’ospedale psichiatrico di Murta il killer di Moon Coast

Andrea sospirò lentamente, assorta. Niente, non c’era neppure il minimo accenno a Jack Enderson. Forse erano veramente le cattiverie di paese ad aver alimentato quella storia. Andrea aprì una foto allegata agli articoli, scattata durante la cattura dell’uomo.
Ebbe un tonfo allo stomaco. Un vecchio mulino, una casa abbandonata, metri di terra secca e erba incolta. Era lì che due ragazze avevano perso la vita, la loro giovinezza, le mille cose che avrebbero voluto fare. Davvero erano morte per pochi gioielli?
Guardò quella foto, e la malinconia l’assalì. L’uomo aveva un’espressione stralunata e confusa, era più che chiara la ragione per la quale fosse stata richiesta per lui la perizia psichiatrica. Fece per chiudere la finestra dell’articolo, ma d’improvviso notò un volto nella foto. Era l’unico civile in mezzo a tutti quei poliziotti. Forse si trattava di un ispettore… o forse, solo di un curioso. Strizzò gli occhi, per mettere a fuoco e zoomò sul volto. Le apparve un uomo distinto, con occhiali da sole scuri. Non aveva idea di chi fosse, ma forse Kate, sì.
Mandò in stampa la foto.

Kate si fece viva solo a mezzogiorno; aveva un’aria innocente e indifferente, come se fosse stata solo qualche minuto fuori casa per comperare qualcosa al supermercato, anziché tutta la notte a casa del suo ragazzo mentendo spudoratamente ai genitori. Ma la cosa che Andrea proprio non sopportava era che la coinvolgesse nelle sue menzogne senza neppure preoccuparsi di informarla. Si incontrarono al parco e da lì si diressero a piedi verso casa. Andrea si sforzò di mantenere il silenzio il più a lungo possibile, rispondendo a versi, ma Kate sembrava non essersene accorta. Era troppo impegnata a parlare di sé, del fantastico Patrick, di come si era divertita quella notte con lui. 
Quando arrivarono a casa pranzarono tutti insieme; Kate era una bugiarda perfetta, riuscì persino ad inventarsi una storia sui genitori di Ashley, su quanto fossero strani, e di uno scherzo che il fratello minore dell’amica aveva escogitato per spaventarle.
Andrea era così furiosa che non riuscì a toccare cibo e alla fine, nel pomeriggio, dopo un lungo monologo, Kate si accorse finalmente che Andrea la stava ignorando.
<< Allora, ti piace o no questo vestito?! >> disse seccatamente, allargando le braccia per farsi ammirare meglio. 
Andrea, che stava leggendo, la guardò appena da sopra la copertina del libro. << A dire il vero non m’interessa >> tagliò corto. 
Kate si accigliò e balzò sul letto di Andrea come una leonessa pronta a una sfida. << Come? Si può sapere che hai? >>
Andrea si sentì cadere la mascella. << Cos’ho? Dunque, da dove iniziamo, da quando mi hai lasciata da sola alla festa, o dall’appuntamento di ieri, o ancora, da quando dici ai tuoi che dormiamo fuori senza dirmelo! Potevi avvertirmi! Mi sono anche preoccupata per te! >>, riuscì a sfogarsi, scattando in piedi. 
Kate la osservò attentamente e in silenzio, poi scoppiò a ridere, facendola sprofondare in un orribile senso d’imbarazzo. << Oh, Andrea, sta’ tranquilla! Non mi accadrà niente! E’ un paesino, ci conosciamo tutti, e poi ero con Patrick! Non siamo in città, qui c’è gente per bene! >> rispose, ridendo ancora come se avesse a che fare con una bambina che teme mostri e fantasmi. 
Andrea trasse un profondo sospiro. Si sentiva un fascio di nervi. << E dello Strangolatore che mi dici? Ha ucciso due ragazze, me l’hai detto proprio tu! >> puntualizzò. 
Kate la guardò con serietà, poi sorrise maliziosamente. << E’ questo allora. Te la sei fatta sotto dalla paura. >> 
<< Era… era solo uno scherzo? >> farfugliò Andrea. Non sapeva se fosse stato peggio sentirsi rispondere di sì o di no. 
Kate tacque per lunghi istanti, prima di scuotere il capo. << No, era tutto vero. Ma non c’è motivo di avere paura, negli ultimi due anni non è accaduto niente di strano. >> spiegò con pazienza, ridacchiando ancora. 
Il suo fare altezzoso e il suo senso di superiorità infastidivano Andrea, voleva solo che si togliesse dalla faccia quel sorrisetto obliquo. Voleva spaventarla. << Ho visto lo Strangolatore ieri. Mi ha seguito fino a casa. >> disse, schietta.
Kate perse il sorriso, e strabuzzò gli occhi. << Non ti credo. >> bofonchiò impietrita.
Andrea sospirò, e raccontò per filo e per segno tutto l’accaduto. Quando finì di parlare constatò che il racconto aveva sortito l’effetto desiderato: Kate era terrorizzata, a bocca aperta, perplessa. Non aveva detto una parola per tutto il tempo, e non era da lei.<< Questa cosa dà i brividi. >> commentò infine.
<< Già. >> 
<< Dovremmo scoprirne di più. >> aggiunse Kate.
Andrea si lasciò sfuggire una risatina nervosa. In realtà non voleva avere assolutamente niente a che vedere con quella faccenda. E poi il caso era stato risolto, quel barbone aveva confessato la sua colpa. Andrea se lo ripeteva di continuo: è stata solo una coincidenza, Jack Enderson non mi seguiva. 
<< Voglio mostrarti qualcosa. >> disse Kate d’improvviso. Andrea non ebbe il tempo di dire: “cosa” che la cugina l’aveva già afferrata per il polso, e se l’era trascinata dietro fino al garage.

Le ragazze inforcarono le biciclette, Kate pedalava con forza, come una forsennata, e furono inutili i tentativi di Andrea di fermarla, o di cercare di farsi dire dove fossero dirette. Pedalarono a lungo, in sentieri di collina isolati e dissestati, attraversarono i binari arrugginiti di una vecchia ferrovia, poi s’inoltrarono ancora in una fitta foresta. Andrea era stremata, e preoccupata di cosa passasse per la testa di sua cugina. 
Si fermarono solo molto tempo dopo.
Andrea si asciugò il sudore dalla fronte con il dorso della mano, e fu accecata dal sole cocente. Tra gli alberi e la fitta vegetazione intravide un’immensa villa color grigio pietra, sprofondata in un giardino incolto, abbandonato all’incuria del tempo e in stato di declino. Era al contempo sontuosa e logora, silenziosa come un mausoleo ma circondata dai rumori e i suoni più svariati: il canto degli uccelli, il fruscio delle foglie mosse dal vento, il lontano sbattere di un’anta di una finestra e il cigolio dei cardini della stessa. La casa era sovrastata da piante rampicanti, che erano anche arrivate a coprire diverse finestre, e un capanno di pietra scura, forse un tempo destinato alla custodia degli attrezzi da giardino, era totalmente diroccato. Man mano che le ragazze si avvicinavano, nuovi dettagli arricchivano la loro visuale. Il giardino che circondava la villa era infestato da erbacce, quelle che un tempo erano state eleganti statue e panchine di marmo ora giacevano sotto il sole, usurate delle piogge e delle intemperie del tempo, e una grande fontana, vuota, era stata assalita da muschi e muffe. Un corvo gracchiò sopra le teste di Kate e Andrea, per andare ad appollaiarsi sopra l’imponente muro che delimitava la proprietà, e le ragazze trasalirono. 
Andrea guardò Kate negli occhi, una domanda tra i denti e la lingua, ma era terrorizzata da quella che sarebbe potuta essere la risposta. << Questa non è la residenza degli Enderson, vero? >> mormorò in un soffio. I grandi occhi gialli della cugina le suggerirono la risposta.
<< Perché diavolo siamo qui?! >> aggiunse Andrea, esasperata. Ma Kate sembrava determinata a scoprire chissà cosa. Lasciò la bici dietro un cespuglio, poi si diresse a gran passi verso un imponente cancello di ferro, unico accesso alla residenza. 
<< Kate! >> chiamò Andrea, in un bisbiglio disperato, ma la cugina la ignorò. 
Kate spinse il cancello, e Andrea pregò con tutta se stessa che fosse chiuso. Ma questo si aprì con un lungo e sinistro cigolio, che suonò quasi come un avvertimento. Andrea rabbrividì: il venticello, piacevole a livello del mare, diventava fastidioso e umido, lassù, o forse era solo la paura a farle sentire freddo, ora. Avrebbe voluto tornare a casa, e di corsa, ma per non lasciare Kate sola si vide costretta a seguirla in quella pericolosa violazione di privacy. Il cuore faceva capitomboli in petto, Andrea aveva la bocca secca, e ogni singolo rumore la terrorizzava. Il tonfo del cancelletto che si richiuse, il grido improvviso di un uccello sopra le loro teste… il miagolio fastidioso di un gatto scuro che le seguiva da lontano, con quegli occhi enormi e curiosi. 
La casa, vista da vicino, era in condizioni ancor più drammatiche. Alcune foglie secche galleggiavano come cadaveri nel laghetto, i rottami di vecchie auto lasciate al sole diffondevano nell’aria un forte odore di plastica bruciacchiata, e alcune finestre avevano i vetri distrutti. Era insolito, dato che gli Enderson vivevano lì nei mesi estivi.
<< Ti prego Kate, torniamocene a casa! >> implorò Andrea.
<< Voglio solo dare un’occhiata! Mentre salivamo ho controllato il garage, ed era vuoto! Dài, un giro del giardino e basta. >> Kate non ascoltava niente, si era intestardita, voleva visitare il luogo per trovare chissà quali indizi sulla colpevolezza di Jack Enderson riguardo agli omicidi delle due ragazze. Andrea riusciva a pensare solo alla pazzia che stavano compiendo. Al di là di ogni voce di paese, quel luogo le metteva i brividi. Quegli antichi alberi spogli le sembravano scheletri con le braccia protese verso il cielo, quegli uccelli scuri, rapaci. Andrea non sapeva cosa diavolo Kate si aspettasse di trovare lì, l’unica cosa a cui riusciva a pensare era che lo spirito di egocentrismo della cugina l’avesse spinta a compiere quella sciocchezza per potersi vantare in giro con gli amici della sua bravata.
Si diedero delle rapide occhiate intorno. Era tutto ordinario, se ordinaria poteva ritenersi quella residenza.
D’improvviso, un rumore.
Un’auto nel vialetto.
Uno sportello aperto e poi richiuso. Passi.
Le ragazze si guardarono con orrore, prima di iniziare a correre a gambe levate lontane dall’ingresso. Non potevano tornare alle bici, perché l’unico modo per raggiungerle era passare dal cancello, lo stesso ingresso che avrebbe utilizzato chiunque fosse arrivato. Potevano solo nascondersi. Si ritrovarono in una parte un po’ appartata del giardino che circondava la casa. Kate rischiò di urlare (e se Andrea non le avesse tappato la bocca l’avrebbe fatto di certo), quando urtò contro qualcosa di duro… una lapide di pietra. 
Erano finite dentro un piccolo cimitero di famiglia.
La paura, densa e calda, le assalì, annebbiando ogni pensiero. C’erano solo due cuori che battevano all’impazzata. Forse era lì che nascondevano i loro cadaveri. 
Delle voci le raggiunsero: chiunque fosse rientrato in casa, adesso era in giardino. Li separava solo qualche metro, svoltato l’angolo, le avrebbero viste. Le ragazze si appiattirono contro il muro, cercando conforto l’una nello sguardo terrorizzato dell’altra.
Rumori di porcellana smossa.
<< E’ pronto il tè, signori. >>
<< Grazie Ivana, >> una voce profonda, maschile.
Dal silenzio che seguì le ragazze compresero che chiunque ci fosse stava bevendo il thè. 
<< Li avete avvistati, Ethan? >>
La voce che udirono era nuova, femminile e calma.
<< Non ancora, ma so per fonti certe che sono qui. >> rispose l’uomo, che oramai avevano identificato come il padrone di casa, il signor Enderson. 
<< Credi lo faranno ancora? >>
<< Lo faranno sempre, finché non avranno ottenuto quello che vogliono. >>
<< E… Jack sa della loro presenza in città? >>
Andrea si sentì mancare il fiato quando gli sentì pronunciare quel nome.
Un lungo silenzio.
<< Purtroppo sì, e la cosa non gli piace per niente, è… agitato. Non possiamo permettere che succeda di nuovo, Mary… >>
Mentre Kate e Andrea si guardavano in silenzio, smarrite e spaventate, il solito gatto scuro si avvicinò a loro. Le guardò intensamente negli occhi, come se le stesse osservando, poi iniziò a miagolare.
<< Sciò, sciò! >> mormorò Andrea gesticolando, ma il miagolio del gatto si faceva sempre più forte. 
Il dialogo degli Enderson fu interrotto.
Il terrore avvolse le ragazze. Si guardarono un istante, prima di comprendere che era ora di scappare via da lì, e di corsa.    
Fuggirono da casa Enderson, sperando di arrivare sino alle biciclette in tempo.
Andrea si guardava di continuo le spalle, aspettandosi, magari, di vedersi puntata contro un’arma e, quasi senza nemmeno rendersene conto, lo vide.
Ethan Enderson, il padrone di casa: l’uomo ritratto nella foto della cattura del killer di Moon Coast.
E stava guardando loro.

Le ragazze arrivarono a casa terrorizzate, trafelate, incredule di ciò che avevano fatto, e di come si era conclusa quella pazzia. Ethan Enderson le aveva viste.
<< Manteniamo la calma, non c’è niente di cui preoccuparsi! >> esclamò Kate, quasi istericamente. Ma nessuna delle due pensava che non ci fosse nulla di cui preoccuparsi.
<< Il padre di Jack, deve essere in qualche modo coinvolto con la morte delle due ragazze! E se avesse insabbiato lui la cosa? Se per scagionare suo figlio avesse incolpato un altro? Oggi… oggi ho fatto delle ricerche, Kate. E sul luogo del delitto, il giorno della cattura di Adam Heron… c’era anche lui. Il signor Enderson. Non può essere una coincidenza. >> rispose Andrea,  poi afferrò freneticamente dei fogli sulla scrivania e mostrò a Kate la foto. 
<< Andrea… dobbiamo dimenticare tutto. E’ una cosa pericolosa. Ho sbagliato oggi a portarti a casa Enderson. Non so cosa volessi dimostrare ma… adesso basta. Non mi va più di giocare al piccolo detective. Adesso ho solo paura. Ti prego chiudiamo questa faccenda, o lo dico ai miei genitori. >>
Andrea si ritrovò a bocca aperta di fronte all’improvviso e inaspettato comportamento di Kate. Ecco, con poche parole l’aveva già minacciata di spifferare tutto agli zii, che magari l’avrebbero messa sul primo volo per casa sua.  Andrea era delusa.
Ma forse era meglio così. Non si trattava di una scappatella con un ragazzo, non si trattava di passare fuori la notte con lui. Si trattava di due ragazze uccise e di un assassino ancora in libertà. Kate aveva ragione, non erano certo loro due a dover scoprire la verità su Jack Enderson. Annuì lentamente.
Kate abbozzò un sorriso, e sospirò, poi si avvicinò alla cugina per abbracciarla. << Non ti succederà niente, te lo prometto. Se avremo di nuovo lo Strangolatore tra i piedi, lo diremo alla polizia. Stiamone fuori però. >>
Andrea annuì, con più convinzione, ma una parte di lei, una vocina quasi inudibile, chiedeva con forza giustizia.






2 commenti:

  1. Molto interessante questo post *-* e mi fa venire di leggere il libro sempre di più!

    Passando alle domande xD
    1) Be sicuramente avrei comunque un certo timore e cercherei di tornare il più in fretta a casa,urlerei ahaha oppure cercherei di un posto affollato per perdermi in mezzo alla folla o solo per sentirmi più al sicuro.
    2)Continuerei lo stesso ad indagare,a parte il fatto che mi piace risolvere misteri,preferisco almeno tentare di sapere la verità che starmene con le mani in mano.
    3)Sono una persona curiosa di natura,certo senza esagerare ovvio xD,ma se fossi Andrea continuerei a seguire il mio istinto e quindi indagare ancora nonostante i pericoli.

    Baci <3

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  2. wow che bello *_*
    1 bhe ad essere sincera me la squaglio XD e cerco di seminarlo ahahahah
    2 mi piace risolvere i misteri ed indagare...meglio conoscere la verità che rimanere con mille dubbi
    3 se fossi Andrea continuarei.... mai perdersi d'animo

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